Lo scambio delle fedi nuziali è di certo il momento più suggestivo del matrimonio.

Ci si guarda negli occhi, emozionati ci si prende la mano e, con voce timida, si inizia a recitare la formula di unione.

Una formula tutta nostra

Per tanti è questa la domanda: possiamo recitare una promessa tutta nostra? Frutto del nostro sentire profondo l’uno dell’altro?

La risposta è semplice: NI. Né si né no. Il rito cattolico permette agli sposi di scegliere quale fra le formule proposte preferiscano ma non concede pieno arbitrio.

Generalmente si propongono tre espressioni rituali, è possibile sceglierne una in accordo con il proprio parroco.

La prima formula

Io (nome), accolgo te (nome), come mio sposo/a.
Con la grazia di Cristo
Prometto di esserti fedele sempre,
nella gioia e nel dolore,
nella salute e nella malattia.
E di amarti e onorarti
Tutti i giorni della mia vita

La seconda formula

Sposo: (nome), vuoi unire la tua vita alla mia, nel Signore che ci ha creati e redenti?
Sposa: sì, con la grazia di Dio, lo voglio.
E tu, (nome), vuoi unire la tua vita alla mia, nel Signore che ci ha creati e redenti?
Sposo: sì, con la grazia di Dio, lo voglio.
Insieme: noi promettiamo di amarci fedelmente, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di sostenerci l’un l’altro tutti i giorni della nostra vita.

La terza formula

Il sacerdote può richiedere il consenso in forma di domanda. Chiede prima allo sposo e poi alla sposa:
(nome), vuoi accogliere (nome) come tuo/a sposo/a nel Signore promettendo di essergli/le fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarlo/a e onorarlo/a tutti i giorni della tua vita? Lo sposo e poi la sposa rispondono si.

Quale scelgo?

Ogni coppia fa storia a sé stante, chi è più per la tradizione opterà sicuramente per la prima formula.

Chi è meno timido preferirà la seconda.

Le coppie più discrete, più riservate forse sceglieranno di rispondere alle domande dell’officiante.

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